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La ricerca attuale: i progetti che accendono la speranza

La Malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ) rappresenta una patologia neurodegenerativa rara e fatale, caratterizzata dalla conversione della proteina prionica cellulare PrP^C nella sua forma patologica PrP^Sc, che si aggrega, si autopropaga e si accumula nel cervello, innescando una cascata neurodegenerativa irreversibile e rendendo difficoltoso lo sviluppo di terapie efficaci.

Nonostante ad oggi non sia disponibile una terapia risolutiva, la comunità scientifica sta promuovendo molteplici studi volti a rallentare la progressione della malattia e a migliorare la qualità di vita dei pazienti. Di seguito vengono sintetizzate alcune delle principali linee di ricerca, con l’indicazione di progetti e sperimentazioni in corso.

Farmaci finora utilizzati: successi e insuccessi

Nel corso degli anni sono stati testati farmaci antinfiammatori, antivirali e terapie che miravano a ridurre la produzione di prioni. Sfortunatamente, i risultati non sono stati sufficienti a fermare la malattia. Tuttavia, ogni trial fallimentare ha aggiunto un tassello conoscitivo, orientando gli studiosi verso nuove strade di ricerca.​​

Uno spiraglio di speranza: La Prion Alliance

La Prion Alliance è un’organizzazione no-profit dedicata a finanziare e promuovere la ricerca scientifica con l’obiettivo di trovare una cura o una terapia efficace per le malattie da prioni, in particolare per le forme genetiche (ereditarie) di queste patologie. Fondata da Sonia Vallabh ed Eric Minikel, la Prion Alliance nasce da una storia personale: dopo che la madre di Sonia è scomparsa a causa di una malattia prionica ereditaria, i due coniugi hanno deciso di lasciare i loro precedenti percorsi professionali per dedicarsi alla ricerca nel campo dei prioni, studiando presso il Broad Institute e l’ospedale Massachusetts General Hospital (MGH) di Boston.

L’obiettivo principale della Prion Alliance
  1. Sviluppo terapeutico: finanziamento e supporto a ricerche innovative per terapie rapide, con focus sulla prevenzione nei portatori di mutazioni genetiche.

  2. Biologia dei prioni: studi sui meccanismi di conversione della PrP^C in PrP^Sc per individuare bersagli farmacologici.

  3. Collaborazioni scientifiche: rete internazionale di ricerca per accelerare progressi attraverso la condivisione di dati e competenze.

  4. Sensibilizzazione e formazione: divulgazione, diagnosi precoce, counseling genetico e promozione del dialogo scientifico sulle malattie prioniche.

Il progetto CHARM: focus e dettagli

Sotto l’ombrello della Prion Alliance (e in sinergia con istituzioni di ricerca di alto livello), è stato lanciato il progetto CHARM, un’iniziativa che si concentra in particolare su strategie terapeutiche volte a “silenziare” o ridurre l’espressione del gene PRNP, che codifica la proteina prionica (PrP). Di seguito alcuni punti chiave:

  1. Approccio “gene silencing”

    • Il progetto fa ampio uso di tecnologie come gli antisenso oligonucleotidi (ASO) o potenzialmente l’RNA interference (RNAi), allo scopo di abbassare i livelli di PrP nelle cellule cerebrali.

    • L’idea di base è che, riducendo la quantità di proteina prionica normale (PrP^C), si limiti drasticamente la possibilità che questa si converta nella forma patologica (PrP^Sc).

  2. Focus su individui portatori di mutazioni

    • Particolarmente cruciale è il lavoro sui soggetti che hanno una mutazione genetica ereditaria nota per causare la malattia. Poiché molte forme di malattie prioniche si manifestano improvvisamente e progrediscono rapidamente, l’intervento prima dell’insorgenza dei sintomi è una delle strategie più promettenti.

    • CHARM mira a sviluppare terapie preventive che possano essere somministrate prima che la malattia si manifesti clinicamente, con l’idea di impedire la conversione patologica e, in prospettiva, salvare la vita delle persone a rischio.

  3. Sperimentazioni precliniche e collaborazione con aziende biotech

    • Il progetto è svolto in collaborazione con aziende farmaceutiche e biotech specializzate nello sviluppo di antisenso oligonucleotidi. Un esempio è la partnership con Ionis Pharmaceuticals (nota per il lavoro su terapie ASO in varie patologie neurodegenerative).

    • Vengono condotti test su modelli murini e su altre piattaforme sperimentali, in modo da valutare sia l’efficacia (riduzione stabile di PrP e prevenzione dei sintomi) sia la sicurezza (assenza di effetti tossici o impatto negativo su funzioni cerebrali).

  4. Validazione clinica futura

    • Una volta verificate la sicurezza e l’efficacia in modelli preclinici, l’obiettivo è avviare trial clinici su volontari ad alto rischio o in fase iniziale di malattia.

    • Il fine ultimo è dimostrare che, riducendo in modo controllato l’espressione della proteina prionica, si riesca a rallentare o bloccare la progressione della malattia prionica ereditaria (e potenzialmente di altre varianti sporadiche o acquisite).

  5. Innovazione e multidisciplinarietà

    • CHARM riunisce biologi molecolari, genetisti, neurologi, esperti di bioinformatica e clinici per affrontare le sfide di ricerca.

    • Attraverso lo studio dei meccanismi biologici e genetici delle malattie prioniche, il progetto punta non solo a sviluppare terapie, ma anche a identificare biomarcatori (indicatori misurabili di progressione o risposta al trattamento) e test diagnostici più precoci e affidabili.

Questo tipo di ricerca ha un potenziale rivoluzionario: se andrà a buon fine, non solo potrebbe cambiare il destino di chi soffre di CJD, ma fornire nuove armi contro altre malattie neurodegenerative, come la SLA, l'Alzheimer e il morbo di Parkinson.

Il Farmaco Sperimentale ION717 di Ionis Pharmaceuticals

Un approccio terapeutico innovativo si basa sull’impiego di antisenso oligodeossiribonucleotidi (ASO) volti a ridurre l’espressione della proteina prionica. In tale contesto, Ionis Pharmaceuticals sta sviluppando il composto ION717, con l’obiettivo di silenziare selettivamente il gene PRNP, responsabile della sintesi della PrP^C, prevenendo così la conversione in PrP^Sc.

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  • Principio di funzionamento:
    Gli ASO si legano all’RNA messaggero del gene PRNP, ostacolandone la traduzione e diminuendo la produzione della proteina prionica nativa che, se alterata, causa la patologia.

     

  • Trial e collaborazione con l'IRCSS Carlo Besta di Milano:
    È in fase di avvio la sperimentazione clinica presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico "Carlo Besta" di Milano, centro di riferimento nazionale per le malattie neurodegenerative rare, finalizzata a valutare sicurezza, tollerabilità ed eventuale efficacia di ION717 nei pazienti con MCJ. Attualmente non si può fare richiesta per "uso compassionevole" del farmaco, in quanto nell'attuale fase di sperimentazione (FASE 2) si va a valutare la tollerabilità e non l'efficacia del farmaco.

L’Impiego delle Porfirine: Evidenze dall’Istituto Mario Negri

Tra i composti con potenziale azione anti-prionica rientrano le porfirine, molecole organiche implicate in numerosi processi biochimici, fra cui la sintesi dell’eme. Secondo uno studio condotto presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, alcune porfirine mostrerebbero la capacità di legarsi alla PrP^Sc, ostacolandone la propagazione.​​

L'obiettivo dello studio

I ricercatori hanno identificato una porfirina tetracationica, lo Zn(II)-BnPyP, che si lega a due domini distinti della proteina prionica PrP^C, inducendo una doppia azione anti-prionica:

  1. Inibizione della conversione di PrP^C in PrP^Sc, destabilizzando la conformazione nativa della proteina prionica.

  2. Induzione dell'endocitosi e della degradazione lisosomiale di PrP^C, riducendo il substrato disponibile per la propagazione del prione.

Conclusioni, prospettive e limiti

Lo Zn(II)-BnPyP è il primo composto noto ad agire contemporaneamente su due regioni distinte di PrP^C, inibendo la conversione a PrP^Sc e promuovendo la degradazione lisosomiale della proteina.

È attivo contro diversi ceppi prionici e mostra un potenziale terapeutico superiore ad altre porfirine. Tuttavia, la scarsa penetrazione della barriera emato-encefalica (BBB) limita la sua efficacia in vivo.

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Per superare questo limite, si propongono:

  • Modifiche chimiche per aumentare la penetrazione cerebrale.

  • Nanocarrier per trasporto mirato nel SNC.

  • Terapie combinatorie con antisenso oligonucleotidi (ASO) o altri farmaci che abbassano PrP^C.

Lo Studio DOXIFF e il Potenziale Effetto Protettivo della Doxiciclina

Tra gli antibiotici analizzati per un possibile impatto sulla patogenesi prionica, la doxiciclina ha suscitato particolare interesse. Il trial clinico denominato DOXIFF (DOxIciclina nelle Forme Familiari di MCJ) ha fornito evidenze preliminari sulla capacità del farmaco di interferire con l’accumulo di PrP^Sc.
 

Si ritiene che la doxiciclina possa legarsi alle strutture proteiche anomale, stabilizzandone la conformazione e riducendo la formazione di aggregati tossici. Sebbene ciò, sono necessari ulteriori studi a lungo termine per confermare l’efficacia terapeutica e definire regimi ottimali di somministrazione.

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